Sono appena tornata da questo viaggio incredibile organizzato magistralmente da Tour 2000 Tour Operator in collaborazione con Air Europa, e per la prima volta ho difficoltà a mettere insieme tutto quello che ho vissuto in questi 10 giorni bellissimi. Perchè dopo tanto tempo ho rivissuto quello che ha il pieno diritto di essere definito un “Viaggio”. A volte nella velocità a cui gira il mondo, anche le destinazioni più difficili sono oramai divenute facili e possibili. Ed estremamente diffuse a livello di immagini ed informazioni. Invece l’Ecuador e specialmente le Galapagos sono qualcosa che va oltre ogni immaginazione, oltre le informazioni più note. Sono un mix di emozioni e sensazioni che solo viverle può davvero darne la giusta dimensione. Ed è per questo che anche una vecchia viaggiatrice come me, è in difficoltà per riassumerne la giusta essenza.

L’Ecuador si presenta subito come un posto speciale, già all’atterraggio a Quito, a 2850 metri e nel mezzo delle Ande. Dall’aereo svetta il Cotopaxi con la sua fumata di cenere perenne, ed il verde, le nuvole e la città che si estende tra tutto questo, da subito dichiarano un carattere unico.

Quito è una bella città, con panorami particolari, con angoli di colore, dettagli che raccontano una attenzione ed una voglia di rilancio non da poco. Gli ecuadoregni sono molto orgogliosi della loro città, della sua mescola di razze e di tradizioni, della sua anima cattolica con sfumature di sincretismo tipicamente indigene, e sono fieri di mostrarla ai turisti. Le sue chiese sono ricche, ingioiellate, cariche di uno stile barocco che raggiunge vette di decorazione ben oltre il ns barocco nostrano. Ma, qui, tutto ha un senso, perchè le messe sono sempre piene di gente, perchè qui si celebra la festa suonando per strada e camminando in famiglia, fermandosi a lustrare le scarpe sotto i portici delle piazze ordinate e disordinate insieme. Tutto ha il senso di un paese ricco di tradizione e di personalità come solo i luoghi ove le razze si mescolano avviene.










E’ bello anche girare per le sue strade con il naso all’insu’, godendo dei sui incredibili balconi, colorati, curati, bellissimi, con i murales che raccontano di storie antiche. Da Quito siamo andati ad Otavalo, sede di uno dei mercati indigeni più famosi dell’Ecuador. Ed essendoci andati praticamente all’arrivo, ci siamo persi tra i mille volti di questa gente, le indios con i loro vestiti, le bancarelle piene di artigianato anche di ottima qualità, i suoni dei flauti, i profumi della frutta e del caramello che viene messo praticamente ovunque, gli scacciaspiriti di ogni dimensione, l’alpaca, un mix che si ferma nella memoria e ti rimanda ad una immagine del sudamerica che si ama a prima vista.





Con mezzora di bus da Quito, si arriva a La Mitad del Mundo, quel punto dell’equatore a latitudine 000. Solo un numero forse, ma suggestivo e divertente, niente di indimenticabile ma comunque è carino mettere un piede nell’emisfero nord ed uno nell’emisfero sud del mondo a cavallo della linea che li separa. Un’altra delle cose che puoi fare solo qui.

Da Quito con volo di circa due ore abbiamo quindi raggiunto le Galapagos. La mia prima sensazione scendendo a Baltra è stata quella del respiro mozzato. E non certo dall’altezza, ma dall’emozione. Perchè si capisce subito che sei fuori dal mondo che conosci, ma soprattutto sei in un luogo dove le regole cambiano perchè a dettarle è la natura e non l’uomo. E qui i padroni sono i leoni marini, le iguane, le sule dai piedi azzurri o rossi, i pellicani, i cormorani, gli squali e qualsiasi altra specie che domina questo angolo di paradiso da sempre. E, senza mezzi termini, pretende rispetto. Che improvvisamente anche tu, che sei di un altro mondo e di un’altra abitudine, hai l’istinto di dare. Qui arrivi e cammini in punta di piedi. Ammirato davanti a tanto splendore ed a tanta naturalezza.

Le Galapagos non sono un luogo di vacanza comoda… Qui si cammina, tanto. Se si vuole ammirare questo angolo di mondo la soluzione migliore è scegliere una delle barche che fanno itinerari da 3, 6 o 9 notti attraverso le isole. E si vive in barca, si scende con i gommoni e si fa trekking di vari livelli. Anche pesante a volte. Ma vi posso garantire che, anche per chi è pigro o non abituato a tanta attività fisica, (come me a testimonianza diretta), qui trova la forza e l’entusiasmo per farlo. Si passa da panorami lunari e scalate di passarelle in legno con 500 gradini per conquistare vette dalle quali il panorama è unico, a passeggiate tra la lava solidificata, a percorsi tra gole e salite circondati da animali che non solo non si spaventano, ma anzi, invadono i sentieri e sei tu a dover cercare alternativa di cammino. Qui si vedono gli uccelli fare danze di corteggiamento, coppie di sule dai piedi azzurri, covare i pulcini e prendersene cura, iguane sdraiate al sole che non si spostano nemmeno a pregarle, e ti guardano incuranti mentre passi al loro fianco, leoni marini che si sdraiano sulla banchina dalla quale devi imbarcarti e si innervosiscono se cerchi di passare… Si vedono pinguini asciugarsi immobili sulla spiaggia dopo aver nuotato velocissimi nel mare splendido e trasparente, e pellicani appollaiati su picchi improbabili, immoti e qui si capisce che la natura ha il suo corso del tutto indipendente da noi. E va per la sua strada trionfalmente.















Ci sono circa 30.000 abitanti sparsi su 7 delle 13 isole ufficiali dell’arcipelago, ma l’uomo qui non si ricorda nè appare. E’ un elemento di secondo piano. E’ la guida che ti ricorda di rispettare le regole della natura con fermezza, è la signora che vende souvenir da 50 anni e da generazioni, perchè altro non potrebbe fare. E’ qualcosa di non determinante e non certo il protagonista di questo paradiso terrestre che non ha mai smesso di essere tale, nonostante noi ed il nostro barbaro modo di distruggere la natura che ci circonda.

Dopo le Galapagos, da Guayaquil siamo andati a Cuenca, ancora una volta nel cuore delle Ande, attraverso un passo che raggiunge i 4.300 metri di altezza, dove davvero il respiro si mozza ma nel senso letterale del termine. I panorami di questo angolo delle Ande sono spettacolari. Qui le nuvole ti circondano e ti lasciano intravedere i picchi verdi delle cime altissime, e poi appare un lago turchese ed una cascata improvvisa su di un fianco della montagna. Ancora una volta un insieme di rara bellezza. E poi appare Cuenca, cittadina tra due cordigliere andine, dichiarata patrimonio dell’Unesco, esempio supremo di città coloniale. Bellissima ed imperdibile in un viaggio in Ecuador. Abbiamo avuto la fortuna di avere una guida strepitosa e fuori dai canoni, che oltre alle chiese, alle strade colorate, ai palazzi con influenze coloniali e francesi, ci ha fatto anche vivere la quotidianità con il mercato ortofrutticolo ed i suoi colori, il quartiere degli artigiani, dove ancora si costruiscono strumenti musicali andini, ci si fa la barba nella bottega affacciata sulla strada, si lavora il rame e la ceramica, e dove due volte alla settimana ci sono ancora le “curandere”, donne andine che sanno fare la pulizia dell’anima e scacciare gli spiriti maligni e ci si può mettere in fila per farselo fare . Ma Cuenca è anche una città culturalmente sviluppatissima, sede di una Biennale d’arte, cosa non facile da queste parti, e di cui i locali sono giustamente molto orgogliosi.



A Cuenca nascono i cappelli conosciuti nel mondo come “cappelli di Panama”, un nome che non dichiara la giusta provenienza, visto che qui fare cappelli è una vera e propria arte, ma il nome conosciuto deriva solo dal luogo di spedizione e non di produzione. Non sono cappelli, sono vere e proprie opere di grande artigianato, tessuti a mano dalle signore del luogo, che indossano un vestito tipico e un cappello specifico anche per girare la città e farsi riconoscere, e lavorati con una esperienza sopraffina, fino a produrre qualcosa di incredibilmente leggero e bello. Impossibile non cedere alla tentazione e non tornare a casa con uno di questi cappelli nella sua scatola specifica. Quasi un cimelio per ognuno di noi.









Ultima sera a Guayaquil, città portuale moderna e immersa tra fiume e mare, punto di uscita dal paese, non particolarmente degna di nota. Ma… credetemi quando vi dico che questo viaggio ha una tale ricchezza di emozioni, di sensazioni, di varietà esperienziali che è davvero qualcosa che si dovrebbe fare nella vita. Uno di quei viaggi che porti per sempre con te, che ti vengono in mente all’improvviso quando vedi un cielo rosso e pensi che i tramonti che hai visto alle Galapagos tra isole deserte e luce dorata, bevendo un vino bianco nell’idromassaggio della tua barca con le fregate dalla gola rossa che volano basse sopra la tua testa, sono qualcosa che non dimenticherai mai…. Così come non dimenticherai quanti colori può avere una città, quante razze possono viverci, quanta bellezza ci sia in natura tra Ande e mare… Un viaggio di quelli che sono davvero degni di questo nome e di ciò che rappresenta: entrare in una dimensione diversa per qualche giorno, viaggiare attraverso un mondo che non conosci e tornarne davvero arricchiti. Per sempre.

