E’ di ieri un interessantissimo articolo su Domani a cura di Daniele Martini che racconta (e lo fa molto molto bene) una tristissima verità sul portale dedicato all’incoming di Ita, True Italian Experience. Di fatto in uno dei momenti più difficili e complicati della storia dei trasporti e del turismo italiano, Ita, in piena crisi, commissariamento, invasione dei marziani e quant’altro, decide di investire con fondi ovviamente pubblici, su un portale per rilanciare il turismo in Italia.
Facendo una ingenua analisi da un punto di vista “addetto al settore”, la prima domanda è: ma perchè Ita si mette in qualcosa che dovrebbe interessare chi questo mestiere lo fa da sempre? Perchè vengono dati soldi pubblici, soldi di noi contribuenti senza una commissione che analizzi e vigili sulla loro gestione? E qui è l’ingenua agente di viaggio che si fa domande lecite e consone. Poi passiamo ad altro.
Dall’articolo ben documentato si evince che, tra una cosa e l’altra parliamo di circa 15 milioni di euro (di cui 5 già erogati). Dicesi “quindicimilionidieuro”. Per una piattaforma che ben conosciamo e che ha costi sui 20 mila euro l’anno. Per un sistema che ad oggi non solo non ha prodotto alcun ritorno, ma viene spontaneo chiedersi, a noi che di piattaforme e di gestioni ne abbiamo una concreta idea e una discreta conoscenza, cosa mai possa fare una piattaforma per avere questi costi assolutamente inusitati. Stiamo parlando di tre milioni e spicci l’anno. TREMILIONI E SPICCI l’anno. Che inevitabilmente fanno sollevare una domanda: per fare cosa? Per portare cosa? Ma soprattutto dopo i primi 15 mesi, che mirabile risultato hanno dato questi 5 milioni tirati nell’aria?
Lasciamo stare la parte che parla di persone, di storie passate, di valutazioni, di implicazioni politiche o meno, nelle quali non voglio nè posso entrare in merito. Ma è inevitabile fare una riflessione assolutamente dovuta e razionale: ma come si fa, in un momento storico come dicembre 2021, dove le frontiere erano chiuse, dove metà di noi, agenti di viaggi titolari di quelle piccole imprese che per decenni hanno contribuito fortemente a creare quel gruzzolo di denaro contributivo, quelli che come noi, da secoli mantengono il nostro paese, vedevano annaspare le loro imprese tra il peso dei voucher, della paralisi commerciale dovuta alla pandemia, delle spese correnti che continuavano a correre senza alcun sostegno adeguato da parte del nostro amato Stato, a decidere di fare un investimento per sostenere qualcuno e qualcosa che da secoli invece i soldi li butta e li perde senza ritegno?
E parliamo anche del fatto che certi investimenti in teoria dovrebbero essere soggetti a pubblico appalto… o magari sbaglio? Ora non possiamo sicuramente parlare di fatti certi in merito alla incredibile onerosità del portale, ma sicuramente abbiamo tutti noi, agenti di viaggio o semplicemente cittadini italiani, diritto a capire come siano state prese certe decisioni di pubblico interesse, e come siano stati scelti i fornitori (TUTTI) delle stesse.

Di certo c’è solo una cosa: erano giorni in cui eravamo quasi alla disperazione. Ed erano anche giorni in cui l’allora Ministro del Turismo lamentava la carenza di fondi, anche pochi, per poterci sostenere. Erano giorni in cui ogni soldo avrebbe potuto sollevare anime e prospettive. Ma raramente questo Paese sceglie di sollevare gli animi dei lavoratori e dei piccoli imprenditori. E spesso sceglie partner discutibili o semplicemente “amici”. O sceglie di sostenere qualcuno si e qualcuno no. Mai, proprio mai, sceglie di ascoltare – e quindi sostenere in modo trasparente e concreto – chi solleva problemi. Come noi.
La domanda che però più di tutte ora mi viene è una: davanti alla probabile marcia indietro davanti all’inutile spesa e all’ancor più inutile investimento (a valle dell’anno trascorso) sarebbe bene capire cosa, come, ma soprattutto quanto si sia guadagnato o, meglio ancora, chi abbia avuto un vantaggio da questa storia di ordinaria sbadataggine istituzionale e leggerezza amministrativa. O dovrei dire “amichevole” scampagnata?

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